sabato 29 dicembre 2007

Un gioco palloso e divertente

Titolo: Kirby 64. The Crystal Shards
Produttore: Nintendo
Sviluppatore: Hal Laboratory
Sistema: Nintendo 64
Genere: Platform

Anno: 2000




Di questo gioco s’è detto tutto il male possibile. Ma non date retta ai maldicenti. Provatelo. Specie ora che potete farlo gratis.



Il frame narrativo è di una semplicità estrema, e non nasconde la propria natura di puro pretesto. Di fatto, non c’è una vera e propria storia che avanza nel corso del gioco. Questo, piuttosto, fornisce gli elementi diegetici strettamente necessari a contestualizzare, via via, il piano interattivo. E lo fa per mezzo di brevi cut-scene che talvolta precedono l’ingresso negli stage. Le scene precalcolate, sintetiche e realizzate con classe indubbia, sfruttano l’ottimo motore di gioco, e permettono di apprezzare lo stile estetico buffo e coloratissimo, nonché l’eccellente lavoro di modellazione tridimensionale. Più che veicolare un intreccio, le sequenze non-interattive consentono la caratterizzazione dei personaggi; un aspetto che probabilmente, nel titolo in questione riveste maggiore importanza della storia stessa. Non empatizzare con la palla rosa è pressoché impossibile – a meno che una simile iconografia non sia già di per sé invisa al giocatore. La leggenda racconta quanto segue. Era un giorno speciale, laggiù, nel pianeta delle fate. Il sole, alto in cielo, non era mai stato così brillante. Nei vasti prati poligonali, il light sourcing riaffrancava gli animi, e il gouraud shading riscaldava il cuore. Tutti erano felici. Ma trovandoci in un videogioco, era ovvio l’idillio non potesse durare a lungo. Difatti - tempo qualche secondo di cut-scene introduttiva - il sole si oscurò. Le ombre avvolsero il pianeta nelle tenebre. La loro invasione aveva l’obiettivo di impadronirsi del cristallo magico custodito dalle fate. Ma una fatina coraggiosa non si lascò intimidire da quegli esseri terrificanti. Salì a cavalcioni sul cristallo e si fiondò nello spazio siderale, nel disperato tentativo di portare in salvo la preziosa gemma. Sennonché, le malefiche ombre tosto la raggiunsero, attaccandola con violenza. Nella combutta, il cristallo andò in frantumi, e la fatina coraggiosa precipitò negli abissi sconfinati dello spazio. Il caso - o per meglio dire, il “talentuoso” sceneggiatore del gioco – volle ella finisse proprio sul pianeta a forma di stella di Kirby.


Percependo l’angoscia della fatina, Kirby si offrì di raccogliere i frammenti del cristallo. E il giocatore, chiaramente, lo assecondò. E’ evidente: gli eroi dei videogiochi mancano di sano egoismo. Potrebbero perfino essere accusati di dabbenaggine. Tuttavia, se si facessero i cazzi propri, non sarebbero più degli eroi. E non esisterebbe nessun gioco. Inoltre, ad un personaggio così dolce e pacioccoso, gli si perdona facilmente qualunque cosa.

Di certo non si possono accusare gli sviluppatori di aver lesinato in fantasia nella creazione dei poteri speciali. Nell'immagine vediamo in azione l'abilità che si ottiene fondendo l'abilità 'ghiaccio' con quella 'elettricità': il personaggio si trasforma in un frigorifero che elargisce power-up; Kirby raccoglierà tutto una volta tornato alle sue consuete sembianze.

Se avete giocato a una delle incarnazioni a 16 bit della palla rosa più simpatica dei videogame, vi troverete immediatamente ad agio nell’esplorare i mondi digitali di The Crystal Shards. Come nei precedenti episodi, il sistema di controllo non è esattamente intuitivo, anzi, presenta una certa complessità. Tuttavia, è molto ben realizzato, e dopo qualche titubanza iniziale, governerete il vostro alter ego con incredibile maestria, sfruttando elegantemente la sua versatilità. Kirby è dotato di un peculiare potere, la cosiddetta copy ability: ingurgitando uno dei nemici, ne può assorbire le capacità. Fin qui, niente di nuovo sotto il sole. La novità risiede nella possibilità di combinare due abilità speciali, uguali o diverse che siano. Ad esempio. Assorbita l’abilità ‘fuoco’, e combinata con quella ‘lama’, si otterrà l’abilità ‘spada infuocata’. L’abilità ‘elettricità’, da sola, scatena semplici scosse elettriche. Ma fondendone due, Kirby acquisterà la facoltà di generare un letale campo elettromagnetico attorno a sé. Tale sistema è straordinariamente funzionale, arricchisce il gameplay di un intrigante spunto creativo e incrementa il fattore rigiocabilità: raccogliere tutti gli oggetti sparsi per i livelli richiede un uso consapevole della copy ability di cui sopra.


Esteticamente il lavoro svolto dagli sviluppatori del Hal Laboratory è degno di lode. Non è presente
nessun virtuosismo tecnico, e taluni aspetti avrebbero necessitato una maggiore limatura. Tuttavia il numero di poligoni è elevato e conferisce la necessaria rotondità all’insieme, mentre le animazioni sono fra le migliori che io ricordi in un titolo di quella generazione. Gradevoli le musiche e gli effetti sonori. Il livello di difficoltà è piuttosto basso, ma il buon numero di stage e la considerevole varietà di situazioni che vi ritroverete ad affrontare, assieme alle 2 modalità extra, garantiscono al gioco una durata soddisfacente.


L’emulazione, lungi dall’essere perfetta, è comunque di buon livello, e vi consentirà di apprezzare quasi pienamente il gioco. L’emulatore consigliato, come se ci fosse bisogno di chiarirlo, è il Project 64, assieme all’ultima versione del plug-in grafico Jado's Direct3D. In merito a Kirby 64, la versione 1.7 beta dello stesso, non solo non risolve i problemi che affliggevano la precedente release [le barre di stato mostrano informazioni inesatte], ma ne appesantisce l’esecuzione. Si suggerisce, pertanto, l’uso della versione 1.6 dell'emulatore.


Download from GameTronik.com

mercoledì 24 ottobre 2007

Kowabunga! Ossia, quando i tie-in fanno la storia

Titolo: Teenage Mutant Ninja Turtles
Produttore: Konami
Sviluppatore: Interno
Sistema: Coin-op
Genere: Picchiaduro a scorrimento
Anno: 1989








Spostare le tartarughe antropomorfe per i livelli, a caccia di ninja nemici da eliminare a suon di sberle e power-up a forma di pizza da divorare, è un vero piacere videoludico, uno di quelli che rimane indelebilmente impresso nella memoria. Piacere un po' scomparso nei più recenti beat 'em up a scorrimento made in Konami, dove le protesi digitali appaiono "pesanti", dai movimenti legnosi e goffi, al confronto con questo titolo. La grafica è pulita e brillante, e le animazioni sono eccellenti, fluide e dettagliate. Come al solito nei giochi Konami, è di altissimo livello il sonoro: le voci digitali, di incredibile chiarezza, e la entusiasmante storica colonna sonora tratta dagli episodi televisivi, qui riprodotta in maniera impeccabile, contribuiscono a dotare questo Teenage Mutant Ninja Turtles di un'atmosfera unica.

Complice il delizioso comparto cosmetico e l'inappuntabile piano interattivo, il feeling della serie animata è riproposto qui con un'efficacia mai raggiunta da altri adattamenti della storica saga dei ninja tartaruga. La modalità a quattro giocatori, inoltre, estende il livello di coinvolgimento in maniera esponenziale. Da menzionare l'eccelso porting domestico per Nintendo Famicom, una delle conversioni più riuscite di sempre per quel sistema e un pezzo imprescindibile del catalogo software dello stesso.





Download
from Planet Emulation


Bestialità gettonate

Titolo: Metamorphic Force
Produttore: Konami
Sviluppatore: Interno
Sistema: Coin-Op
Genere: Picchiaduro a scorrimento
Anno: 1993








Picchiaduro a scorrimento senza infamia e senza lode, questo Metamorphic Force. La realizzazione tecnica è di prim’ordine, com’è buona norma nelle produzioni Konami. In merito al comparto sonoro, è doveroso segnalare le voci digitalizzate, cristalline e gradevoli, mentre i brani di accompagnamento, sebbene beneficino di qualità e nitidezza lodevoli, risultano un po’ scialbi ed anonimi sul piano compositivo.

La grafica gode di definizione e fluidità elevate, e rimanda ad un precedente successo arcade della stessa casa, Teenage Mutant Turtles, con cui Metamorphic Force condivide il tratto stilizzato e i colori vividi, in stile cartoon. Il problema principale di questo gioco è quello di essere derivativo e citazionista, senza aggiungere nulla di nuovo ad un genere incapace di per sé di rinnovarsi [Battle Circuit di CapCom ha esaurito il picchiaduro a scorrimento, portandolo al suo massimo stadio evolutivo].



Le mutazioni in bestie e lo stile mitologico-classicheggiante richiamano Altered Beast. Il sistema di approvvigionamento dei power-up – che si ottengono essenzialmente pestando l’apposito sfuggevole personaggio che di tanto in tanto fa capolino negli stage – ricorda Golden Axe. La progettazione dei livelli ha qualche punto in comune con Double Dragon mentre per quanto riguarda il controllo della protesi digitale, le meccaniche di gioco e il feeling generale, i debiti con Final Fight si rivelano piuttosto corposi. Il set di mosse performabili non si distingue esattamente in quanto ad abbondanza o varietà. L’unica aggiunta degna di nota è la possibilità di infierire sul nemico calpestandolo mentre si trova ancora a terra, in maniera molto simile a quanto avviene in Saturday Night Slam Masters. Però laddove in quest’ultimo la tecnica risulta funzionale e soddisfacente, qui finisce per incrinare il gameplay: a volte il tentativo di attacco si traduce accidentalmente in un pestaggio dell’avversario steso sul pavimento, e ciò lascia il personaggio controllato dal giocatore in balia delle offensive nemiche.



Nella struttura ludica traspare una fase realizzativa nel complesso poco curata, e una ispirazione nel design piuttosto carente. Tuttavia, non siamo di fronte ad un’esperienza totalmente negativa. Anzi, Metamorphic Force è in grado di regalare qualche ora di sano divertimento. Peccato lo faccia con scarso impegno e nessuna ambizione.




Download
from Planet Emu

domenica 30 settembre 2007

Sonic CD

Titolo: Sonic CD
Produttore: Sega
Sviluppatore: Sonic Team
Sistema: Mega CD
Genere: Platform
Anno: 1993








Se il primo Sonic rivestì un ruolo essenziale nel trainare le vendite del Mega Drive, così non fu per gli sfortunati add-on della piattaforma Sega. L'inappetibilità delle espansioni hardware in questione non c'entra: il punto è proprio la qualità dei giochi. Questo episodio di Sonic si presenta tirato a lucido grazie alla maggiore capienza del supporto, il cui impiego si traduce in un FMV iniziale in pieno stile cartoon, qualche livello in più, musiche ed effetti sonori di qualità red-book. Tutto qua. In termini prettamenti ludici, si tratta in fondo di uno scialbo more of the same. Graficamente è riscontrabile qualche miglioria in confronto all'esordio: un maggior numero di colori su schermo, sfondi più particolareggiati, dotati di parallasse, laddove nel primo capitolo della saga del porcospino, essi soffrivano di una certa piattezza.

Ma è sul piano interattivo che l'esperienza lascia un po' con l'amaro in bocca. Ok, è intrigante la trovata di giocare gli stessi stage in epoche differenti, in quanto a rappresentazione visiva e nemici, sfruttando gli appositi cartelli, tuttavia i livelli sembrano costituiti dagli scarti di progettazione del primo episodio, il game design non brilla per originalità ed ispirazione. Il primo scontro coll'immancabile Dr. Robotnik, è sufficiente ad instillare il dubbio nel giocatore: le idee in questo gioco latitano in maniera preoccupante. Tale sfida, difatti, non offre grosse difficoltà e non richiede un particolare approccio strategico: scivola semplicemente addosso. Come il resto del gameplay e della realizzazione complessiva, del resto. Da segnalare, l'anomalo - nel contesto della serie - bonus stage: in un ambiente tridimensionale, fra rimbalzanti da flipper e pedane acceleratrici, prima dello scadere del tempo concesso, bisogna disfarsi, saltandovi addosso, di tutte le navicelle aliene presenti nel livello. L'idea non sarebbe neppure malvagia, se non fosse che la precaria realizzazione tecnica [le capacità di scaling di cui l'hardware è dotato non riescono a competere col famoso mode7 del Super Nintendo] rende tutto piuttosto impreciso e frustante da giocare.



In definitiva, Sonic CD offre talune aggiunte e novità, beneficia della maggior capienza del supporto, ma il tutto è davvero troppo poco per costituire una proposta significativa che motivi l'impiego del nuovo hardware. Il primo di una serie - a quanto pare interminabile - di infelici sequel nella saga del porcospino blu, del quale Sega non sembra a tutt'oggi paga di infangare la memoria con realizzazioni mediocri, deficitarie in ispirazione e cura realizzativa.


Download from Zone Sega

lunedì 24 settembre 2007

Chi trova un Treasure trova un Tesoro

Per aver reso il Mega Drive una fantastica macchina da gioco, subito dopo i team interni della Sega, bisogna ringraziare senz'altro gli sviluppatori della Treasure. Un gruppo di creativi, cresciuto nelle fila Konami, che si contraddistinse per l'atipicità delle sue produzioni. Oltre ad un comparto tecnico di caratura elevatissima, i giochi Treasure erano riconoscibili per via delle meccaniche di gioco spesso inusuali, che rimettevano in discussione i fondamenti del genere d'appartenenza. I Treasure realizzarono anche titoli banali dal punto di vista strutturale, e perfino giochi su licenza di dubbio valore. Ma se attorno a loro s'è generata un'aura di sviluppatori cult, è grazie alle prime produzioni per sistemi a 16 bit, in grado di spremere l'hardware su cui giravano a livelli impensabili, producendo esperienze ludiche assolutamente ineguagliabili [ed ineguagliate], ma che mai beneficiarono di vasto riscontro commerciale. Evidentemente, i loro giochi non erano per tutti; tuttavia, i [relativamente] pochi giocatori che ebbero la fortuna di imbattersi nelle opere folli di questi geni del codice, ne conservano con affetto un ricordo meraviglioso. Memorabili, in particolare, le fasi relative ai boss di fine|metà livello. Solitamente enormi - spesso occupano l'intero quadro, a volte ne travalicavano i limiti - gli sprite dei boss sono costruiti da forme geometriche che ruotano indipendentemente l'una dall'altra, conferendo a queste creature gigantesche movenze di una fluidità sbalorditiva [e in parte denunciando le origini degli sviluppatori, dacché soluzioni analoghe si riscontrano nelle produzioni Konami]. Tali fasi sono in sé piccoli capolavori di game design, e rappresentano il fulcro delle esperienze ludiche confezionate dalla Treasure: estremamente ricorrenti nel corso dei giochi, offrono una struttura ludica estremamente raffinata ed elegante, in cui l'unico modo per uscire vittoriosi è quello di studiare attentamente il pattern nemico e elaborare di conseguenza una tattica offensiva adeguata. In virtù della predilizione che all'epoca Treasure mostrava per la piattaforma Sega - preferenza non sottesa, per quanto se ne sappia, da alcun accordo ufficiale - il Mega Drive ebbe l'onore di fregiarsi di ben tre capolavori partoriti dal team di virtuosi visionari in questione. Vediamoli nel dettaglio.



Titolo: Gunstar Heroes
Produttore: Sega
Sviluppatore: Treasure
Sistema: Mega Drive
Genere: Platform | Sparatutto
Anno: 1993








La forza di Gunstar Heroes risiede nella frenesia. Ogni minima distrazione può costare molto cara al giocatore e la convulsa meccanica non concede quasi respiro. Si tratta del primo vero capolavoro di Treasure su Mega Drive, ed è il gioco che diede maggior notorietà al team di sviluppatori giapponese. Non a caso, fra i tre qui trattati, è l'unico gioco a godere di un seguito, pubblicato qualche anno fa per Gameboy Advance; mentre, come per gli altri titoli, l'edizione originale è disponibile per la Virtual Console di Wii.


La meccanica di gioco è fondata su un peculiare uso delle armi. Ce ne sono 4 disponibili: il laser, i triangoli energetici, la fiamma e le palle di fuoco. Il giocatore porta con sé due armi alla volta, che possono essere però sostituite raccogliendo le apposite icone che un robot a forma di volatile, presente in punti strategici dei livelli, elargisce quando viene colpito. Ciascun arma può essere usata singolarmente, ma gli effetti più devastanti si ottengono dall'integrazione di più armi, la quale si attiva premendo per due volte l'apposito pulsante di selezione. Ogni integrazione presenta a sua volta vantaggi e carenze: alcune difettano in gittata ma brillano in potenza e copertura dalle offensive nemiche, altre eccellono per quanto riguarda il raggio d'attacco, però lasciano il giocatore in balia delle minacce avversarie. Spetta all'utente scegliere, volta per volta, la combinazione più adeguata, in funzione del suo stile di combattimento e dell'entità della sfida che bisogna affrontare. Tendenzialmente, nella fase iniziale di ogni stage, sempre stracolma di nemici, conviene impiegare una combinazione che offra protezione e permetta di liberarsi facilmente degli aggressori più prossimi, mentre contro i boss, è pressoché indispensabile il fuoco ad ampio raggio, meglio ancora se provvisto di ricerca automatica.



La grafica è molto colorata, in pieno stile Treasure, tuttavia i toni sono un po' più stylish e contenuti rispetto alle altre opere. Mancano qui i virtuosismi tecnici presenti nelle produzioni successive, ma è difficile lamentarsi del comparto estetico, che fa il proprio dovere con stile ed efficienza inappuntabili. Notevole il numero di dettagli manifestato da oggetti e fondali, mentre il tripudio di sprite, esplosioni, laser e quant'altro che un motore grafico privo di incertezze muove contemporaneamente sullo schermo, è in grado di soddisfare pienamente le aspettative degli appassionati di shooter, i quali, com'è noto, su questo piano sono alquanto esigenti. Sul fronte audio, la colonna sonora, sebbene non incisiva e fantasiosa come in Dynamite Headdy, ha dalla sua temi assai azzeccati, capaci di accompagnare egregiamente l'azione blastatoria.



Pietra miliare del genere run 'n gun, come direbbero i più anglofoni, il qui presente Gunstar Heroes ha incontrato facilmente i favori del pubblico - sebbene mai di quello di massa - grazie ad una formula ludica solida, originale e di immediata fruizione, ed in virtù di una modalità cooperativa dannatamente coinvolgente: un'esperienza entusiasmante che sarebbe un vero peccato precludersi perfino a distanza di un così considerevole numero di anni trascorso dalla sua prima apparizione.


Download
from ZoneSega.com




Titolo: Dynamite Headdy
Produttore: Sega
Sviluppatore: Treasure
Sistema: Mega Drive
Genere: Platform
Anno: 1994








La forza di Dynamite Headdy risiede nella varietà. Tratto comune dell'intera produzione treausuriana, essa è qui che forse si esprime con maggior compimento, più pervasivamente, quasi programmaticamente. Ogni livello è un coacervo di idee intriganti, spesso impiegate per delle brevissime sezioni e poi del tutto abbandonate con la noncuranza che solo il vero genio può permettersi. Ciascuno stage presenta una struttura peculiare e richiede un approccio precipuo. Se le meccaniche sono mutevoli, ciò che nel corso dell'avventura rimane fondamentalmente immutato è il semplice sistema di controllo. Un primo tasto deputato al salto, un secondo pulsante per liberarsi del power-up acquisito, laddove lo si ritenga non utile o perfino dannoso, un terzo si usa per l'attacco, che Headdy, il burattino protagonista della vicenda, produce lanciando la sua testa. Headdy ha a disposizione un'ampia gamma di teste interscambiabili. Ognuna fornisce al nostro eroe dei poteri diversi. La testa speciale può esplodere pochi secondi dopo il lancio, eliminando - o almeno ferendo - tutte le forze nemiche presenti nei dintorni; oppure può rendere invisibili, o ancora può attivare una raffica automatica di proiettili, e così via. Il frame narrativo segue il consueto schema proprio della sceneggiatura classica: equilibrio iniziale -> situazione di disturbo -> ripristino dell'equilibro. Schema che il videogioco ha fatto proprio in maniera totalizzante, forse dacché esso riflette il processo alla base della meccanica del linguaggio videoludico stesso. Nella fattispecie, Dark Demon, un perfido pupazzo, ha invaso la terra dei burattini, catturando e schiavizzando quelli utili, sbarazzandosi senza complimenti degli altri. Il cattivo di turno ha commesso un grave errore gettando Headdy nel bidone. Sarà difatti lui l'eroe che metterà il bastone fra le ruote ai piani di conquista del malvagio usurpatore.


Platform certamente inusuale, in cui è impossibile distrarsi, fosse solo per un attimo - anche per via della difficoltà estremamente elevata - in Dynamite Headdy si ha sempre da imparare una nuova entusiasmante meccanica. In uno stage bisogna barcamenarsi fra piattaforme tridimensionali che si inclinano rispetto al centro lasciando scivolare il protagonista nel baratro, in un altro si rivestono i panni di un aeroplanino e il gioco si trasforma in uno stagionato shooter a scorrimento [Parodius è dietro l'angolo, per intenderci], in un altro ancora il margine inferiore del quadro "insegue" la protesi digitale, e ci si fa strada verso la cima del livello aggrappandosi agli appositi appigli di cui sono fornite le piattaforme e proiettandosi verso l'alto. Sul piano grafico e sonoro, i Treasure raggiunsero con questo titolo vette praticamente mai uguagliate sul 16 bit Sega, e forse solo il Sonic Team fu in grado di spremere l'hardware del Mega Drive fino a segnare simili traguardi tecnici.

Sprite di dimensioni colossali, colorati divinamente, si muovono per lo schermo con grazia e fluidità fuori parametro. Non brillano in quanto a dettagli, anche per via dell'essenzialità del generale stile estetico impiegato, tuttavia i fondali fanno ugualmente la loro bella figura, grazie alla qualità dei colori e ai numerosi strati parallittici che li caratterizzano. Menzione d'onore per la straordinaria definizione degli effetti sonori, e per i campionamenti vocali, mai così chiari e puliti su questa console. La colonna sonora è fra le migliori concepite per un videogioco, una delle mie preferite in assoluto. Gli autori, Kazuo Hanzawa, Jun Irie, Hideki Matsutake, hanno compiuto un lavoro davvero lodevole, sotto il profilo tecnico così come sotto quello squisitamente compositivo. I pezzi sono di notevole complessità, denotano gusto e know-how, sfoggiano timbriche affascinanti, veicolano melodie irresistibili e ritmi trascinanti.


Seppur all'epoca della sua uscita non godette del giusto riconoscimento, specie da parte dell'utenza, Dynamite Headdy è nel suo genere - se di genere si può parlare - quanto di meglio la console Sega ha da offrire, ciò nella improbabile ipotesi si malsopportino le avventure del porcospino blu di Sega; rappresenta altresì un esponente di punta dell'intero genere platformico, ritagliandosi meritatamente un posto nella storia accanto ai più grandi classici del settore.


Download
from ZoneSega.com




Titolo: Alien Soldiers
Produttore: Sega
Sviluppatore: Treasure
Sistema: Mega Drive
Genere: Azione | Sparatutto
Anno: 1995








La forza di Alien Soldier risiede nel boss-fighting. Un titolo hardcore-gamer fin nel midollo, porta alle estreme conseguenze i presupposti stilistici e strutturali a cui i Treasure ci hanno abituato. Nel bene e nel male. Che sia un gioco senza compromessi, lo si evince fin dalla schermata delle opzioni, in cui gli unici livelli di difficoltà settabili sono Super Hard [impostato di default] e... Super Easy. Quest'ultimo, peraltro, di facile ha ben poco, risultando solo lievemente meno ostico dell'altro livello, e comunque rappresentando una sfida di prim'ordine. La storia parla di un pianeta, A-Earth, minacciato da un gruppo terroristico, capeggiato da un certo Xi-Tiger e costituito da alieni parassiti in grado di controllare le macchine. A sventare i piani del malvagio tiranno, stavolta spetta ad un'acquila robotica ed antropomorfa, Epsilon-Eagle, che peraltro è il precedente leader di quel gruppo di terroristi. Non c'è alcuno sforzo da parte degli sviluppatori per chiarire la trama - di per sé abbastanza intricata - che finisce per risultare a dir poco oscura. Soltanto un lungo e tedioso testo che scorre nella scheletrica intro e qualche scialba schermata testuale nel corso dell'avventura. L'importanza del frame narrativo, del resto, è pressoché nulla considerato il genere in questione, pertanto la mancanza di una sua adeguata esplicazione non si fa sentire.

La schermata iniziale, nel suo baldanzoso, sensazionalistico, ma a dir poco comico, inglese maccheronico.

Il gioco è fondamentalmente uno shooter, che parte dalla struttura di Gunstar Heroes, elimina ogni fronzolo, e concentra l'intera esperienza attorno alla sfida contro i boss. I nemici intermedi, sebbene ben realizzati, assumono un peso pressoché nullo in merito alle meccaniche di gioco, ed è quasi come se non esistessero. Il character design di mostri e creature raggiunge livelli inconcepibili, e raramente, forse mai, sono comparsi in un gioco personaggi tanto ispirati e vari, realizzati con la cura e la fantasia qui elargite a piene mani.



Sul fronte tecnico, il lavoro svolto da Treasure è ancora una volta ineccepibile. La grafica è nitida, fluida, colorata; il motore di gioco potente, ben oliato, performante. L'audio è anch'esso notevole, sebbene qualche volta difetti in chiarezza, e i pezzi musicali lasciano un po' il tempo che trovano. Ammesso si riesca ad avere il tempo per ascoltarli: l'azione ludica di Alien Soldier richiede una tale concentrazione, che è pressoché impossibile prestare attenzione ad altri aspetti del gioco.



Ci troviamo di fronte alla quint'essenza dello spirito Treasure. Un concentrato di fine game design senza precedenti. Nel complesso, però, l'impressione è che gli sviluppatori siano andati perfino oltre il consentito nel focalizzare le proprie - numerose e brillanti, sia chiaro - idee. Il gioco tocca vertici di frenesia e difficoltà inauditi, mortificando ogni tentativo di approccio dell'utenza meno smaliziata. Ma forse l'opera è stata concepita proprio con questo intento; e in tal senso, Alien Soldier costituisce un progetto assolutamente e pienamente riuscito.


Download from ZoneSega.com