lunedì 24 settembre 2007

Chi trova un Treasure trova un Tesoro

Per aver reso il Mega Drive una fantastica macchina da gioco, subito dopo i team interni della Sega, bisogna ringraziare senz'altro gli sviluppatori della Treasure. Un gruppo di creativi, cresciuto nelle fila Konami, che si contraddistinse per l'atipicità delle sue produzioni. Oltre ad un comparto tecnico di caratura elevatissima, i giochi Treasure erano riconoscibili per via delle meccaniche di gioco spesso inusuali, che rimettevano in discussione i fondamenti del genere d'appartenenza. I Treasure realizzarono anche titoli banali dal punto di vista strutturale, e perfino giochi su licenza di dubbio valore. Ma se attorno a loro s'è generata un'aura di sviluppatori cult, è grazie alle prime produzioni per sistemi a 16 bit, in grado di spremere l'hardware su cui giravano a livelli impensabili, producendo esperienze ludiche assolutamente ineguagliabili [ed ineguagliate], ma che mai beneficiarono di vasto riscontro commerciale. Evidentemente, i loro giochi non erano per tutti; tuttavia, i [relativamente] pochi giocatori che ebbero la fortuna di imbattersi nelle opere folli di questi geni del codice, ne conservano con affetto un ricordo meraviglioso. Memorabili, in particolare, le fasi relative ai boss di fine|metà livello. Solitamente enormi - spesso occupano l'intero quadro, a volte ne travalicavano i limiti - gli sprite dei boss sono costruiti da forme geometriche che ruotano indipendentemente l'una dall'altra, conferendo a queste creature gigantesche movenze di una fluidità sbalorditiva [e in parte denunciando le origini degli sviluppatori, dacché soluzioni analoghe si riscontrano nelle produzioni Konami]. Tali fasi sono in sé piccoli capolavori di game design, e rappresentano il fulcro delle esperienze ludiche confezionate dalla Treasure: estremamente ricorrenti nel corso dei giochi, offrono una struttura ludica estremamente raffinata ed elegante, in cui l'unico modo per uscire vittoriosi è quello di studiare attentamente il pattern nemico e elaborare di conseguenza una tattica offensiva adeguata. In virtù della predilizione che all'epoca Treasure mostrava per la piattaforma Sega - preferenza non sottesa, per quanto se ne sappia, da alcun accordo ufficiale - il Mega Drive ebbe l'onore di fregiarsi di ben tre capolavori partoriti dal team di virtuosi visionari in questione. Vediamoli nel dettaglio.



Titolo: Gunstar Heroes
Produttore: Sega
Sviluppatore: Treasure
Sistema: Mega Drive
Genere: Platform | Sparatutto
Anno: 1993








La forza di Gunstar Heroes risiede nella frenesia. Ogni minima distrazione può costare molto cara al giocatore e la convulsa meccanica non concede quasi respiro. Si tratta del primo vero capolavoro di Treasure su Mega Drive, ed è il gioco che diede maggior notorietà al team di sviluppatori giapponese. Non a caso, fra i tre qui trattati, è l'unico gioco a godere di un seguito, pubblicato qualche anno fa per Gameboy Advance; mentre, come per gli altri titoli, l'edizione originale è disponibile per la Virtual Console di Wii.


La meccanica di gioco è fondata su un peculiare uso delle armi. Ce ne sono 4 disponibili: il laser, i triangoli energetici, la fiamma e le palle di fuoco. Il giocatore porta con sé due armi alla volta, che possono essere però sostituite raccogliendo le apposite icone che un robot a forma di volatile, presente in punti strategici dei livelli, elargisce quando viene colpito. Ciascun arma può essere usata singolarmente, ma gli effetti più devastanti si ottengono dall'integrazione di più armi, la quale si attiva premendo per due volte l'apposito pulsante di selezione. Ogni integrazione presenta a sua volta vantaggi e carenze: alcune difettano in gittata ma brillano in potenza e copertura dalle offensive nemiche, altre eccellono per quanto riguarda il raggio d'attacco, però lasciano il giocatore in balia delle minacce avversarie. Spetta all'utente scegliere, volta per volta, la combinazione più adeguata, in funzione del suo stile di combattimento e dell'entità della sfida che bisogna affrontare. Tendenzialmente, nella fase iniziale di ogni stage, sempre stracolma di nemici, conviene impiegare una combinazione che offra protezione e permetta di liberarsi facilmente degli aggressori più prossimi, mentre contro i boss, è pressoché indispensabile il fuoco ad ampio raggio, meglio ancora se provvisto di ricerca automatica.



La grafica è molto colorata, in pieno stile Treasure, tuttavia i toni sono un po' più stylish e contenuti rispetto alle altre opere. Mancano qui i virtuosismi tecnici presenti nelle produzioni successive, ma è difficile lamentarsi del comparto estetico, che fa il proprio dovere con stile ed efficienza inappuntabili. Notevole il numero di dettagli manifestato da oggetti e fondali, mentre il tripudio di sprite, esplosioni, laser e quant'altro che un motore grafico privo di incertezze muove contemporaneamente sullo schermo, è in grado di soddisfare pienamente le aspettative degli appassionati di shooter, i quali, com'è noto, su questo piano sono alquanto esigenti. Sul fronte audio, la colonna sonora, sebbene non incisiva e fantasiosa come in Dynamite Headdy, ha dalla sua temi assai azzeccati, capaci di accompagnare egregiamente l'azione blastatoria.



Pietra miliare del genere run 'n gun, come direbbero i più anglofoni, il qui presente Gunstar Heroes ha incontrato facilmente i favori del pubblico - sebbene mai di quello di massa - grazie ad una formula ludica solida, originale e di immediata fruizione, ed in virtù di una modalità cooperativa dannatamente coinvolgente: un'esperienza entusiasmante che sarebbe un vero peccato precludersi perfino a distanza di un così considerevole numero di anni trascorso dalla sua prima apparizione.


Download
from ZoneSega.com




Titolo: Dynamite Headdy
Produttore: Sega
Sviluppatore: Treasure
Sistema: Mega Drive
Genere: Platform
Anno: 1994








La forza di Dynamite Headdy risiede nella varietà. Tratto comune dell'intera produzione treausuriana, essa è qui che forse si esprime con maggior compimento, più pervasivamente, quasi programmaticamente. Ogni livello è un coacervo di idee intriganti, spesso impiegate per delle brevissime sezioni e poi del tutto abbandonate con la noncuranza che solo il vero genio può permettersi. Ciascuno stage presenta una struttura peculiare e richiede un approccio precipuo. Se le meccaniche sono mutevoli, ciò che nel corso dell'avventura rimane fondamentalmente immutato è il semplice sistema di controllo. Un primo tasto deputato al salto, un secondo pulsante per liberarsi del power-up acquisito, laddove lo si ritenga non utile o perfino dannoso, un terzo si usa per l'attacco, che Headdy, il burattino protagonista della vicenda, produce lanciando la sua testa. Headdy ha a disposizione un'ampia gamma di teste interscambiabili. Ognuna fornisce al nostro eroe dei poteri diversi. La testa speciale può esplodere pochi secondi dopo il lancio, eliminando - o almeno ferendo - tutte le forze nemiche presenti nei dintorni; oppure può rendere invisibili, o ancora può attivare una raffica automatica di proiettili, e così via. Il frame narrativo segue il consueto schema proprio della sceneggiatura classica: equilibrio iniziale -> situazione di disturbo -> ripristino dell'equilibro. Schema che il videogioco ha fatto proprio in maniera totalizzante, forse dacché esso riflette il processo alla base della meccanica del linguaggio videoludico stesso. Nella fattispecie, Dark Demon, un perfido pupazzo, ha invaso la terra dei burattini, catturando e schiavizzando quelli utili, sbarazzandosi senza complimenti degli altri. Il cattivo di turno ha commesso un grave errore gettando Headdy nel bidone. Sarà difatti lui l'eroe che metterà il bastone fra le ruote ai piani di conquista del malvagio usurpatore.


Platform certamente inusuale, in cui è impossibile distrarsi, fosse solo per un attimo - anche per via della difficoltà estremamente elevata - in Dynamite Headdy si ha sempre da imparare una nuova entusiasmante meccanica. In uno stage bisogna barcamenarsi fra piattaforme tridimensionali che si inclinano rispetto al centro lasciando scivolare il protagonista nel baratro, in un altro si rivestono i panni di un aeroplanino e il gioco si trasforma in uno stagionato shooter a scorrimento [Parodius è dietro l'angolo, per intenderci], in un altro ancora il margine inferiore del quadro "insegue" la protesi digitale, e ci si fa strada verso la cima del livello aggrappandosi agli appositi appigli di cui sono fornite le piattaforme e proiettandosi verso l'alto. Sul piano grafico e sonoro, i Treasure raggiunsero con questo titolo vette praticamente mai uguagliate sul 16 bit Sega, e forse solo il Sonic Team fu in grado di spremere l'hardware del Mega Drive fino a segnare simili traguardi tecnici.

Sprite di dimensioni colossali, colorati divinamente, si muovono per lo schermo con grazia e fluidità fuori parametro. Non brillano in quanto a dettagli, anche per via dell'essenzialità del generale stile estetico impiegato, tuttavia i fondali fanno ugualmente la loro bella figura, grazie alla qualità dei colori e ai numerosi strati parallittici che li caratterizzano. Menzione d'onore per la straordinaria definizione degli effetti sonori, e per i campionamenti vocali, mai così chiari e puliti su questa console. La colonna sonora è fra le migliori concepite per un videogioco, una delle mie preferite in assoluto. Gli autori, Kazuo Hanzawa, Jun Irie, Hideki Matsutake, hanno compiuto un lavoro davvero lodevole, sotto il profilo tecnico così come sotto quello squisitamente compositivo. I pezzi sono di notevole complessità, denotano gusto e know-how, sfoggiano timbriche affascinanti, veicolano melodie irresistibili e ritmi trascinanti.


Seppur all'epoca della sua uscita non godette del giusto riconoscimento, specie da parte dell'utenza, Dynamite Headdy è nel suo genere - se di genere si può parlare - quanto di meglio la console Sega ha da offrire, ciò nella improbabile ipotesi si malsopportino le avventure del porcospino blu di Sega; rappresenta altresì un esponente di punta dell'intero genere platformico, ritagliandosi meritatamente un posto nella storia accanto ai più grandi classici del settore.


Download
from ZoneSega.com




Titolo: Alien Soldiers
Produttore: Sega
Sviluppatore: Treasure
Sistema: Mega Drive
Genere: Azione | Sparatutto
Anno: 1995








La forza di Alien Soldier risiede nel boss-fighting. Un titolo hardcore-gamer fin nel midollo, porta alle estreme conseguenze i presupposti stilistici e strutturali a cui i Treasure ci hanno abituato. Nel bene e nel male. Che sia un gioco senza compromessi, lo si evince fin dalla schermata delle opzioni, in cui gli unici livelli di difficoltà settabili sono Super Hard [impostato di default] e... Super Easy. Quest'ultimo, peraltro, di facile ha ben poco, risultando solo lievemente meno ostico dell'altro livello, e comunque rappresentando una sfida di prim'ordine. La storia parla di un pianeta, A-Earth, minacciato da un gruppo terroristico, capeggiato da un certo Xi-Tiger e costituito da alieni parassiti in grado di controllare le macchine. A sventare i piani del malvagio tiranno, stavolta spetta ad un'acquila robotica ed antropomorfa, Epsilon-Eagle, che peraltro è il precedente leader di quel gruppo di terroristi. Non c'è alcuno sforzo da parte degli sviluppatori per chiarire la trama - di per sé abbastanza intricata - che finisce per risultare a dir poco oscura. Soltanto un lungo e tedioso testo che scorre nella scheletrica intro e qualche scialba schermata testuale nel corso dell'avventura. L'importanza del frame narrativo, del resto, è pressoché nulla considerato il genere in questione, pertanto la mancanza di una sua adeguata esplicazione non si fa sentire.

La schermata iniziale, nel suo baldanzoso, sensazionalistico, ma a dir poco comico, inglese maccheronico.

Il gioco è fondamentalmente uno shooter, che parte dalla struttura di Gunstar Heroes, elimina ogni fronzolo, e concentra l'intera esperienza attorno alla sfida contro i boss. I nemici intermedi, sebbene ben realizzati, assumono un peso pressoché nullo in merito alle meccaniche di gioco, ed è quasi come se non esistessero. Il character design di mostri e creature raggiunge livelli inconcepibili, e raramente, forse mai, sono comparsi in un gioco personaggi tanto ispirati e vari, realizzati con la cura e la fantasia qui elargite a piene mani.



Sul fronte tecnico, il lavoro svolto da Treasure è ancora una volta ineccepibile. La grafica è nitida, fluida, colorata; il motore di gioco potente, ben oliato, performante. L'audio è anch'esso notevole, sebbene qualche volta difetti in chiarezza, e i pezzi musicali lasciano un po' il tempo che trovano. Ammesso si riesca ad avere il tempo per ascoltarli: l'azione ludica di Alien Soldier richiede una tale concentrazione, che è pressoché impossibile prestare attenzione ad altri aspetti del gioco.



Ci troviamo di fronte alla quint'essenza dello spirito Treasure. Un concentrato di fine game design senza precedenti. Nel complesso, però, l'impressione è che gli sviluppatori siano andati perfino oltre il consentito nel focalizzare le proprie - numerose e brillanti, sia chiaro - idee. Il gioco tocca vertici di frenesia e difficoltà inauditi, mortificando ogni tentativo di approccio dell'utenza meno smaliziata. Ma forse l'opera è stata concepita proprio con questo intento; e in tal senso, Alien Soldier costituisce un progetto assolutamente e pienamente riuscito.


Download from ZoneSega.com

1 commento:

darkHaem ha detto...

Sei un vero appassionato di retrogaming.