venerdì 19 febbraio 2010

Hatful of Hollow

Titolo: The Void
Sistema: Windows
Produttore: Bit Composer
Sviluppatore: Ice-Pick Lodge
Genere: ?
Anno: 2009







Per essere "vuoto", il limbo a cui accede il videogiocatore dopo la morte è terribilmente denso di frenetica attività: bisogna darsi molto da fare affinché il colore, ossia la linfa vitale di questo luogo metafisico di transito chiamato Void, non si esaurisca, pena il trapasso assoluto, il game over. Non è un caso il titolo dell'opera in questione, in origine, era Tension.



All'interno di questo spazio, il colore è tutto. Esso si recupera anzitutto raccogliendo le esili piantine che spontaneamente si ergono dal grigiume del Void. Il colore è vita, come abbiamo detto - se termina, siamo spacciati per sempre. Il colore è deambulazione: per spostarsi da una location all'altra, bisogna segnare materialmente il percorso su una mappa bidimensionale. Il colore, inoltre, è la tintura con cui si disegnano i glifi. I glifi sono dei simboli che il giocatore è chiamato a tracciare direttamente col mouse, e sono alla base di ogni interazione coll'universo diegetico. Ad esempio. Attraverso il glifo α, si vivificano le piante - raccogliendone in futuro i frutti, si otterrà nuovo colore. Il glifo ν ci permette invece di estrarre il colore dalla roccia, ma può essere impiegato anche per attaccare i nemici. E così via. Il meccanismo del disegnare i simboli magici mediante il mouse s'era già visto in Arx Fatalis, ma qui assurge a tratto fondante della composizione, perno attorno al quale ruota l'intera esperienza ludica.




Osservando gli screenshot, pensavo The Void fosse un'esperienza prettamente visiva. Ero completamente fuori strada. The Void è primariamente un'esperienza interattiva. Perfino l'aspetto narrativo è totalmente piegato alla logica del gameplay. Nel senso che la storia non ci viene sbattuta in faccia gratuitamente come avviene in certi RPG. Non c'è traccia della pretenziosità che denunciano, altrove, molti frame narrativi. Qui ogni dettaglio appreso riguardo il mondo diegetico è in qualche modo funzionale (o almeno riconducibile) all'azione. All'azione oppure, forse sarebbe più corretto dire, all'esperienza complessiva, che gode di un equilibrio fra le sue componenti davvero inconsueto. Tanto che riesce difficile individuare singolarmente i vari aspetti del gioco: piano interattivo, visivo, narrativo, sonoro sono sapientemente fusi in un'unica forma stilistica che lascia intravedere straordinari sviluppi per il medium videoludico, nei termini di una maggiore specificità espressiva di questo linguaggio e una aumentata organicità nella sua valutazione.

La mappa da cui gestire gli spostamenti fra le location, tracciando materialmente il percorso mediante il colore.

In merito al game design, con foga, The Void rema controcorrente. E' all'antitesi della tendenza attuale dominante, secondo la quale le capacità del giocatore vanno umiliate, imboccandogli la soluzione ad ogni minimo ostacolo. The Void è un gioco astratto, per certi versi, ma anche estremamente concreto: come nella vita, non ci sono frecce a mostrarti la via; nessun highlight ti segnalerà incontrovertibilmente la cosa giusta da fare. Bisogna sperimentare, sbagliare, e subire sulla pelle le conseguenze delle proprie azioni, provando il sapore acre della sconfitta, ma anche deliziandosi col gusto dolce del successo.



The Void è una tavolozza complessa, difficile da descrivere degnamente. Un dipinto di fronte al quale le parole si prostrano, depongono le armi, accettando la propria vanità. Ampie campiture a tinta tenue, d'improvviso, sono violentate da truci pennellate rosso sangue, oppure da rabbiosi strappi della tela che denunciano il vuoto dietro, riflettendo il vacuo dentro cui si scolora, giorno per giorno, inesorabilmente, lo spirito umano che quella tela rimira.




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1 commento:

armandyno ha detto...

Mi sembra un'esperienza da provare assolutamente. Appena ho tempo cerco di recuperarlo.