domenica 14 febbraio 2010

Rolling Thunder

Con apparente paradosso, il re degli action anni '80 è meno action di quanto si direbbe in prima istanza. Oppure, la questione è semplicemente la seguente: action non è mai sinonimo di caotico o approssimativo, a differenza di ciò che qualche scarso game designer vorrebbe farci credere.

Il game design è sempre un meccanismo sofisticatissimo, preciso come un orologio svizzero; un ordine necessario, dove ogni elemento del sistema-azione e ogni movimento che avviene nello stesso obbediscono a regole ferree. Una sorta di balletto-meccanico-digitale. Il giocatore, maturando esperienza nella realtà ludica, acquisisce gradualmente conoscenza di quelle regole: dalla loro perfetta padronanza, scaturisce il "divertimento", che consiste, in tal senso, nell'assumere la massa informe dell'approccio privo di competenze e conferirle una struttura ordinata, dotarla di senso, sfoltendo via via i movimenti superflui, sfrondando le azioni non essenziali, ottenendo, infine, la performance ideale (in sintesi: il "saper giocare"). Qualcosa di analogo alla creazione artistica, insomma. E perciò, secondo questa prospettiva, possiamo anche capire perché la creazione artistica è "divertente". Ma non divaghiamo, torniamo al gioco.



La considerazione circa il "divertimento" di ogni game design ben congegnato si collega ad un altro argomento relativo a Rolling Thunder. La serie è celebre per via della propria straordinaria difficoltà. In salagiochi, ricordo ancora che con un gettone raramente riuscivo a superare il secondo livello. All'epoca, non potevo permettermi di continuare, "sprecando" gettoni. Così, per molti anni, Rolling Thunder è rimasto per me un mistero, un territorio spaventoso, patentemente periglioso, però terribilmente affascinante. Un laghetto di pitfalliana memoria, pieno d'oro e di fauci di coccodrilli spalancate. Ora. A posteriori, mi rendo conto che definire Rolling Thunder "difficile" non sia del tutto esatto. Più precisamente, l'opera Namco mortifica con veemenza ogni tentativo di fruizione che pecchi di superficialità. Si potrebbe giustamente obiettare che ciò è vero per ogni gioco: il livello di difficoltà "percepito" è sempre inversamente proporzionale al grado di dimestichezza che il giocatore ha con la struttura ludica. Tuttavia, stiamo cercando di spiegare che in Rolling Thunder, una volta afferrata più da presso la natura del gioco, la sfida ivi contenuta apparirà meno radicale. In tal senso, scrivevamo in apertura che la natura di questo titolo è meno action di quanto si è portati a credere inizialmente. Se per action intendiamo il buttarsi nella mischia e sparare all'impazzata, ecco, rispetto a questo approccio, Rolling Thunder è quanto di più distante possa esistere. Ogni singola mossa deve essere oculatamente soppesata, ciascun salto, o perfino ciascun passo, va studiato a monte, perché una volta compiuto, il destino del giocatore potrebbe essere esizialmente segnato; inoltre, bisogna fare costantemente economia sulle munizioni - non ce ne sono mai abbastanza, e già questo basta a differenziare Rolling Thunder da opere analoghe come Shinobi. A dire il vero, Shinobi recupera tale istanza "strategica", conseguente alla limitatezza delle munizioni, seppur secondo modalità più indulgenti, in The Revenge Of Shinobi, affinando definitivamente il tiro in Shinobi III: Return of the Ninja Master. Durante gli anni novanta, tale acquisizione ha assicurato alla saga di Joe Musashi un gameplay più evoluto.
L'azione di Rolling Thunder acquista ulteriormente riflessività come conseguenza della presenza di porte in cui addentrarsi, per trovare temporanea copertura, oppure per recuperare armi e munizioni.

In Rolling Thunder, se non si pianifica per bene l'azione e se non si procede con cautela, si finisce inevitabilmente sovrastati da un numero ingestibile di avversari.


Fulmini a ciel sereno
In merito al mercato casalingo, esistono conversioni per i principali sistemi dell'epoca. Tuttavia, la maggior parte, sono decisamente da dimenticare. Come ogni conversione da coin-op che si rispetti, U.S. Gold si mise di impegno per rovinare un'esperienza ludica in origine eccellente. Sintetizzando, tutte le edizioni per home computer sono caratterizzate da un procedere goffo, claudicante e lento, uno scrolling scattoso e un sistema di controllo ben poco intuitivo. Come se non bastasse, gli sviluppatori hanno pensato bene di aumentare il già notevole livello di sfida offerto dal gioco: il tutto acquista così il sapore dell'agonia. Laddove rispolverato oggi, il software ti implora di terminarlo, consegnandolo all'oblio che meritano le peggiori nefandezze umane. In un accesso di magnanimità e tolleranza, forse si potrebbero salvare le versioni per macchine targate Commodore, ma sorge spontaneo il dubbio, se veramente ne valga la pena. Specie considerando che, se si desidera giocare a Rolling Thunder su un sistema domestico, è disponibile la versione NES. Fulminea, elettrizzante, tecnicamente imponente. Per quanto riguarda l'hardware a 8 bit, raramente ci siamo imbattuti in una conversione tanto riuscita. Imbattibile. Reputiamo non esagerato considerare Rolling Thunder in assoluto uno dei migliori action disponibili per NES.


Ecco all'opera tutta l'ineguagliabile maestria di U.S. Gold nel confezionare obbrobri casalinghi di splendidi cabinati. Se proprio ci tenete a saperlo, il gruppo di valorosi che si cimentò nel lavoro di conversione rispondeva al nome di Tiertex. All'epoca, doveva essere lo spauracchio di qualunque possessore di home computer appassionato di giochi arcade: guardate l'elenco delle efferatezze perpetuate da costoro: link. Partendo dall'immagine in alto a sinistra e procedendo verso destra, per righe, abbiamo la versione per: Commodore 64, ZX Spectrum, Amiga, Atari ST e Amstrad CPC.



L'ottima edizione per Nintendo Famicom è curata, manco a dirlo, da Namco stessa. L'adattamento occidentale spetta invece ad un team esterno: Tengen. Il lavoro di localizzazione è inappuntabile, fortunatamente.



Un fulmine magico imparò il segreto

Titolo: Rolling Thunder 2

Sistema: Mega Drive

Produttore: Namco

Sviluppatore: Tengen

Genere: Azione

Anno: 1991






Il mio nome è Rolling. Rolling Thunder.
La conversione di Rolling Thunder 2 per Mega Drive mantiene, seppur scalate in conformità alle potenzialità dell'hardware Sega, tutte le caratteristiche dell'arcade. Conserva gran parte dei frame di animazione, e i numerosi campionamenti vocali dell'originale ci sono ancora, sebbene nella compressione "gracchiante" che gli utenti del Mega Drive conoscono fin troppo bene. Nel complesso, il lavoro di conversione è soddisfacente. Considerando che l'edizione giapponese è del 1990, valutando l'aspetto tecnico, bisogna tenere conto ci troviamo di fronte ad uno dei primi titoli della console Sega. Non si poteva pretendere di più su questo piano, in sostanza.




Fondamentalmente, la conversione per il 16 bit Sega riproduce fedelmente lo spirito e la fruibilità del coin-op. Vi aggiunge alcune cut-scene, fra uno stage e l'altro, le quali, in questo caso (cioè, a differenza di altri giochi), contribuiscono piacevolmente a definire il mood del gioco, che può ricordare la serie animata di City Hunter, nei suoi momenti più eleganti, oppure l'azione graffiante e la suspense felina di Occhi di Gatto. O ancora, più per la colonna sonora che per altro, il gioco evoca le sparatorie a suon di jazz fumoso apprezzate in Cowboy Bebop.




L'ingegnoso sistema di coperture interessa in maniera sistematica soltanto alcuni livelli (come quello nell'immagine a sinistra) che sono anche i più divertenti. Pertanto, è un peccato tale componente non sia stata elargita più diffusamente e approfonditamente nel corso del gioco. Gli autori avrebbero potuto sfruttare la feature per incrementare la profondità del gameplay della versione domestica. Nello stage ambientato in Egitto (figura sopra a destra), lo sviluppo del gameplay su due livelli, tipico della serie, ne acquista un terzo: ma anche in questo caso, l'idea poteva essere impiegata con maggiore respiro, almeno nella edizione casalinga.



La qualità della soundtrack è estremamente elevata. Pertanto, appare un'aggiunta assai gradita la modalità music mode, in cui è possibile ascoltare i pezzi della OST mentre una buffa band si agita sullo sfondo mimandone l'esecuzione. L'accompagnamento musicale è costituito da brani di incalzante acid jazz, che talvolta fa il vezzo a celebri spy-movie, talaltra abbraccia nostalgica uno swing sensuale ad elevata gradazione alcolica. La colonna sonora integrale del gioco è disponibile sul sito di appassionati Project 2612: link. La si può agevolmente ascoltare con Winamp, a patto però di munirsi di adeguato plug-in. Di quest'ultimo, la versione più recente (0.35) mi causa il crash di Winamp; consiglio, perciò, di utilizzare la versione precedente, 0.33, che funziona egregiamente.



Sul piano del gameplay, in questo secondo capitolo, l'introduzione della dolce pulzella come personaggio selezionabile (nel primo episodio, ella veniva rapita e il suo salvataggio costituiva il frame narrativo), non apporta modifiche di rilievo, ed è un'occasione sprecata. Il suo contributo, nella sfera estetica, è tuttavia innegabile. Sempre in riferimento all'ambito interattivo, c'è da segnalare che il boss fighting di certo non costituisce un aspetto capitale nell'economia di gioco; tuttavia, la sua occasionale presenza spezza l'azione in modo gradevole, conferendo all'esperienza ludica maggiore dinamicità e ritmo.




Questo episodio non mira all'innovazione, quanto, piuttosto, all'affinamento della formula che fece il successo del precedessore. Ne mitiga le intemperanze, ne lima gli spigoli, richiedendo al fruitore una performance meno tesa, forse, rispetto al passato (sebbene non sia mai concesso di abbassare la guardia). L'introduzione di nuove armi, ad esempio, non stravolge in alcun modo la struttura originaria. Fondamentalmente, si tratta dello stesso gioco. La ragion d'essere di questo sequel è da ricercarsi soprattutto nelle entità nemiche, alcune delle quali richiedono un peculiare approccio per essere abbattute, caricando il meccanismo ludico con una raffinatezza ancora maggiore.



Possiamo concludere, per il momento, che su console Rolling Thunder continua ad essere un prodotto estremamente valido e ben confezionato, fruibile con profitto anche nei nostri giorni ipertecnologici, a patto di non farsi scoraggiare immediatamente dal livello di difficoltà, a prima vista proibitivo. A dire il vero, l'operazione ardua sarà rimuovere dal palato il retrogusto acidognolo delle versioni home computer. Il link qui sotto siamo certi sarà d'aiuto, in tal senso.


Download
from Zone Sega

Nessun commento: